Igp “Pasta di Sicilia”, dall’Accademia una proposta a tutela del grano locale

Igp “Pasta di Sicilia”, dall’Accademia una proposta a tutela del grano locale

Una Igp per la pasta siciliana. A lanciare l’idea della certificazione a indicazione geografica protetta della “Pasta di Sicilia” è Margherita Tomasello, presidente dell’Accademia Siciliana della Pasta, che è già intervenuta più di una volta sul tema del grano duro e della tracciabilità dell’ingrediente base per la produzione della pasta mettendo in dubbio la veridicità di quanto proclamato dai produttori in etichetta in cui spesso si trova scritto “grano duro italiano” o “grano duro siciliano”. 

«L’Igp è un marchio accettato dalla Comunità Europea il cui obiettivo principale è di tutelare il consumatore dalle contraffazioni e dagli abusi certificando la qualità di un prodotto ma soprattutto il suo legame con il territorio», dice l’imprenditrice, la cui famiglia è stata proprietaria dello storico pastificio palermitano, che presenterà il disciplinare di produzione agli assessori regionali all’Agricoltura, Edy Bandiera, al Territorio e Ambiente, Toto Cordaro e alle Attività Produttive, Mimmo Turano. «Non è ammissibile – continua il presidente dell’Accademia Siciliana della Pasta – che la pasta siciliana non abbia ancora la denominazione d’origine che viene assegnata a quei prodotti agricoli o alimentari che vengono realizzati in uno specifico territorio, come ad esempio è avvenuto con la Pasta di Gragnano. La nostra produzione, unica per le sue condizioni climatiche e per il metodo di lavorazione ispirato all’antica tradizione, garantisce un risultato di qualità superiore e non ha nulla da invidiare a etichette che sono più famose solo grazie ad un’abile strategia di marketing». 

Pasta di Sicilia

Nel disciplinare della Pasta di Gragnano, oltre alle regole circa il confezionamento che deve avvenire in quella specifica zona della provincia di Napoli e circa l’uso esclusivo dell’acqua  della falda acquifera locale, non c’è nessun riferimento su quale tipo di grano deve essere adoperato lasciando così la possibilità alle aziende di approvvigionarsi sul mercato internazionale e quello canadese in particolare. 

Non sarà così, invece, per l’Igp dedicato alla “Pasta di Sicilia” che – si legge nel documento elaborato dall’Accademia Siciliana della Pasta – “dovrà essere ottenuta dall’impasto della semola di grano duro siciliano con acqua locale. I formati per il consumo sono diversi, tutti tipici, frutto della fantasia dei pastai e della tradizione”. Seguono le spiegazioni delle caratteristiche fisiche come l’aspetto esterno, il colore e la rugosità; di quelle chimiche e organolettiche e di quelle tecniche a partire dalla trafilatura in bronzo. Ogni fase dovrà essere monitorata per assicurare un alto standard all’intera filiera partendo dai produttori fino alle ditte per il confezionamento. 

Pasta di Sicilia

Il processo produttivo – secondo la bozza del disciplinare elaborato dall’Accademia Siciliana della Pasta – comincia con l’impasto della semola di grano duro siciliano fino alla fase della gramolatura; si passa quindi alla trafilatura per raggiungere l’essiccamento a una temperatura tra i 40 e gli 80 gradi per un periodo compreso tra le 6 e le 60 ore. È questo il momento più delicato della lavorazione perché la pasta viene ventilata più volte con aria calda finendo il suo ciclo nel “raffreddatore” che stabilizza il prodotto a temperatura ambiente. L’ultimo passaggio è il confezionamento che dovrà essere effettuato nell’area di produzione entro 24 ore per evitare le perdite di umidità che potrebbero comprometterne l’odore e il sapore o perfino la rottura e il danneggiamento.

«La pasta siciliana – conclude Margherita Tomasello – è conosciuta nel mondo per la genuinità dei grani selezionati e maturati al sole, inoltre la maestria dei pastai la rende più riconoscibile al tatto ed al gusto e particolarmente adatta a condimenti e sughi. L’essiccamento, un tempo eseguito su stenditoi all’aperto, ancora oggi viene curato con dedizione ed esperienza tramandata di padre in figlio. La Sicilia è la regione con più consumatori di pasta pro-capite, quasi il 40 per cento rispetto al resto del Paese: sarebbe un errore non potenziare questo segmento economico valorizzandone la sua già grande eccellenza con l’etichetta del marchio Igp».

«Sono favorevole all’iniziativa – dichiara l’assessore all’Agricoltura Edy Bandieraperché fermamente convinto che, quando ci siano le condizioni di territorialità di storicità e quanto altro che consentano ai nostri prodotti di giungere a marchio, si genera un maggiore valore aggiunto nella filiera rendendo sempre più remunerato il prodotto agricolo di base e sostenibile dal punto di vista economico l’attività agricola».

Non pone limiti all’iniziativa l’assessore Bandiera, ma forse, come molti, è sfiorato dal dubbio che la proposta dell’Igp Pasta di Sicilia possa trovare ostacoli a molti livelli: da quello nazionale a quello europeo, dove le lobbies delle aziende agroalimentari possono essere molto influenti. Tant’è che conclude: «Speriamo che ci siano le condizioni – e lo vedremo dalla documentazione che verrà presentata a supporto della proposta – che soddisfino il regolamento in materia per potere raggiungere questo obiettivo».

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