Agrumicoltura post-Tristeza: la ricerca impegnata su portainnesti e varietà

Agrumicoltura post-Tristeza: la ricerca impegnata su portainnesti e varietà

L’agrumicoltura siciliana è sempre stato un comparto pigro. Dove l’innovazione è stata adottata con lentezza tra diffidenza ed eccessiva prudenza. Ma da quando il virus della Tristezza ha fatto la sua comparsa e ha cominciato a decimare pesantemente gli impianti produttivi, i produttori hanno dovuto rivedere l’atteggiamento nei confronti dell’innovazione, soprattutto di quella varietale e dei portainnesti.

Negli ultimi anni l’agrumicoltura è diventata estremamente dinamica e in rapida evoluzione tanto da scuotere i produttori più restii. «In Sicilia l”agrumicoltura si trova di fronte ad uno scenario nuovo di grande trasformazione strutturale e varietale ma è impensabile che i produttori possano giocare la sfida dell’innovazione andando avanti da soli», ha dichiarato Giuseppe Di Silvestro, presidente dell’Op Rossa di Sicilia all’apertura del convegno “Innovazioni su scelte varietali e portainnesti: Nuovi scenari per l’agrumicoltura siciliana”, organizzato dall’organizzazione dei produttori con la collaborazione del Crea-Ofa di  Acireale. 

Il convegno, organizzato nell’ambito del Programma Operativo 2020/2024 – Misura 1 – Pianificazione della produzione, ha posto l’attenzione sugli interventi da adottare al fine di sostenere la produzione nella riconversione varietale, con le relazioni dell’agronomo Carmelo Asero e dei ricercatori Guido Sorrentino Giuseppe Russo, Marco Caruso del Crea – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria di Acireale (esattamente in quest’ordine nella foto in evidenza dopo Giuseppe Di Silvestro, il primo a sinistra). 

«Produzione e ricerca – ha sottolineato Di Silvestro – devono andare di pari passo. Il comparto agrumicolo deve fare i conti con un processo lento e costoso di riconversione reso necessario dalla devastante diffusione del virus Tristeza. Ma tale processo può trasformarsi in una grande opportunità: assecondare il trend di mercato che vede in forte crescita la domanda di arancia rossa di Sicilia».

agrumicoltura

Un risultato non scontato quello della domanda crescente dell’arancia rossa siciliana per il quale Di Silvestro non ha nascosto soddisfazione: «Siamo stati pionieri e visionari quando abbiamo continuato a migliorare la produzione di arance rosse, nonostante il mercato suggerisse di mollarla perché il mondo voleva le bionde. Oggi possiamo dire che avevano visto bene e lontano, però adesso è il momento di accelerare il passo».

Il processo di riconversione degli agrumeti dal punto di vista economico ha determinato un impatto devastante. «Tuttavia – ha commentato Carmelo Asero – offre opportunità interessanti sotto il profilo dell’ammodernamento delle aziende agrumicole in cui, a seguito del diffondersi del virus della Tristeza, sono stati piantate migliaia di nuovi alberi. L’agricoltore oggi deve compiere scelte determinanti che incidono sulla riuscita e la redditività dell’investimento». 

In questo contesto, dove gli agricoltori non possono compiere in solitudine le loro scelte strategiche per la sopravvivenza aziendale, gioca un ruolo importante la ricerca pubblica. «Il ruolo dei centri di ricerca e sperimentazione, ovvero Crea, Università e servizi regionali di assistenza tecnica – ha sottolineato Marco Caruso – consiste nella selezione di nuovi portinnesti. Obiettivo che si può raggiungere mantenendo solide relazioni con i centri di ricerca esteri per favorire l’importazione di nuovo materiale promettente da mettere alla prova su un numero limitato di piante».

Com’è noto, a causa della diffusione del Citrus Tristeza Virus (CTV), il diffusissimo arancio amaro non è più utilizzabile. Molte specie di agrumi innestate su questa specie, infatti, risultano sensibili al virus.

«Negli ultimi 15 anni – ha ricordato Guido Sorrentino del Crea – la coltivazione degli agrumi ha subito una rapida evoluzione legata al cambio del tradizionale portinnesto, costituito dall’arancio amaro». Il fenomeno non riguarda solo l’Italia e la Sicilia, ovviamente. Preoccupazione e ricerca di soluzioni alternative riguardano anche altri importanti produttori mondiali di agrumi come gli Usa dove nel 2018 Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) ha stimato le perdite di produzione in oltre 800 mila tonnellate causate dalla Tristeza.

I ricercatori del Crea hanno messo però in guardia: non c’è solo il virus Tristeza tra i principali “nemici” degli agrumi. Gravissimi sono anche i danni provocati dagli attacchi di Psorosi, Foglia bollosa (CVV, Citrus Variegation Virus e CCLV, Citrus Crinkly-Leaf Virus), Dry root rot, Mal secco del limone, Citrus leaf blotch virus (CLBV) e Xylella fastidiosa, per citarne sono alcuni presenti in Italia.

«Il movimento delle merci in un mondo globalizzato – ha sottolineato Sorrentino – è molto più rapido di qualche anno fa e a volte, purtroppo, è anche effettuato in modo non lecito. L’unica via da intraprendere per riservare all’agrumicoltura siciliana un futuro più sereno è il rigoroso rispetto delle norme fitosanitarie, l’utilizzo di materiale vegetale sicuro e certificato e un’attenzione particolare a debellare quelle cattive abitudini del passato che hanno complicato molto la vita degli agrumicoltori, come l’utilizzo di materiale proveniente da fuori confine e non controllato o il vivaismo “fai da te”».

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