Distretto Agrumi: biologico scelta accessibile e sostenibile per tutti
Acireale (CT) – Come fare a superare il paradosso delle produzioni biologiche in Italia e in Sicilia in particolare? Se lo sono chiesti in tanti durante la tavola rotonda organizzata dal Distretto Agrumi di Sicilia presso il Crea-Ofa di Acireale. Il confronto tra produttori, ricercatori e mondo accademico ha seguito i lavori del seminario dal titolo “Focus sull’agrumicoltura biologica nel Mediterraneo: Strategie di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico applicate all’agroecosistema agrumicolo biologico nel Mediterraneo”, durante il quale è stata posta particolare attenzione sulla necessità di strategie efficaci per affrontare il cambiamento climatico nell’ambito dell’agrumicoltura biologica.
La Sicilia, com’è noto, è una delle regioni che ha investito maggiormente nella produzione biologica. Grazie anche alla sua biodiversità unica, ha già raggiunto – in largo anticipo – e superato l’obiettivo fissato dal Green Deal per il 2030 del 25% di superficie agricola utilizzata per il biologico. Tuttavia, nonostante questi lusinghieri risultati sul piano produttivo, il consumo di prodotti biologici in Sicilia resta fermo al palo, attestandosi su numeri ancora troppo piccoli, e l’uso di prodotti bio nella ristorazione pubblica è ancora molto limitato. Se questa è la fotografia della Sicilia, non molto diversa è quella riferita all’intero territorio nazionale.
“Politica” e anche abbastanza ovvia, la riflessione dell’assessore regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca Mediterranea, Salvatore Barbagallo: «Per valorizzare e rilanciare la filiera agrumicola siciliana, serve un lavoro di raccordo e sinergia tra tutti gli attori in campo, per vincere le sfide che abbiamo davanti: dal superamento delle criticità legate agli effetti della siccità, agli investimenti per conquistare nuovi mercati».
Dal confronto diretto tra i produttori biologici e il mondo accademico, invece, qualche riflessione più approfondita e qualche idea in più. A cominciare a Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia che ha sottolineato l’importanza della produzione biologica: «Rappresenta un pilastro fondamentale, non solo per la tutela dell’ambiente, ma anche per la salute del consumatore. Se vogliamo davvero promuovere una cultura del biologico, è essenziale far comprendere ai consumatori quanto sia importante ciò che mettono nel piatto. La salute delle persone è strettamente legata alla qualità del cibo che consumiamo, e i prodotti biologici offrono una garanzia in tal senso. Purtroppo, l’agricoltura biologica ha incontrato ostacoli, spesso dovuti alle pressioni delle lobby, che ne hanno rallentato lo sviluppo. Tuttavia, è arrivato il momento di fare un salto di qualità, sensibilizzando non solo la popolazione, ma anche le istituzioni. Per rendere il biologico accessibile a tutti, è fondamentale rivedere i costi lungo la filiera, garantendo un prezzo giusto che rifletta la qualità del prodotto».
Biologico di carta, no grazie
«Come Distretto – ha continuato Argentati – siamo impegnati in operazioni di sistema per promuoverlo. Collaboriamo con diverse realtà e realizziamo iniziative mirate per diffondere la cultura del biologico, non solo tra i produttori, ma anche tra i consumatori finali. È fondamentale, infatti, che il consumatore si senta rassicurato e sappia esattamente cosa sta mangiando. Il biologico non può essere ridotto a una semplice ‘produzione di carte’: deve diventare sinonimo di trasparenza, qualità e tracciabilità. Per questo, è indispensabile potenziare le certificazioni e i controlli, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative, come ad esempio la blockchain».
Detassazione al consumo
E a proposito di sinergie tra filiera, organizzazioni e istituzioni Argentati ha proposto: «Se vogliamo davvero incentivare il consumo di prodotti biologici dobbiamo migliorare la tracciabilità e garantire che ciò che il consumatore acquista sia effettivamente biologico, ma anche adottare misure concrete, come la detassazione al consumo dei prodotti biologici certificati. Solo attraverso un impegno corale riusciremo a rendere il biologico una scelta accessibile e sostenibile per tutti».
Aumento delle superfici, ma scarso impatto sul mercato
Nella stessa direzione l’intervento di Vincenzo Verrastro, amministratore scientifico del Ciheam di Bari, che ha aggiunto: «L’ultimo rapporto della Corte dei Conti Europea evidenzia che, sebbene il sostegno comunitario all’agricoltura biologica abbia portato a un aumento significativo delle superfici biologiche in Europa (+6,7% tra il 2014 e il 2022), questo incremento non si è tradotto in un forte impatto sul mercato, che resta al di sotto del 4% del totale del mercato alimentare europeo. Occorre, quindi, fare di più per sostenere l’intero settore, sviluppando il mercato e incentivando la produzione. Altrimenti, rischiamo di creare un sistema sbilanciato, dipendente dai fondi europei, invece di un comparto dinamico trainato da consumatori informati. Questo è il tema del futuro, e proprio gli agrumi rappresentano uno dei macrosettori su cui dobbiamo puntare di più. È necessario favorire lo sviluppo del mercato locale siciliano, al momento poco diffuso, per promuovere un consumo locale più ampio».
La ricerca sempre attiva
La ricerca comunque non si ferma. Silvia Di Silvestro, ricercatrice presso il Crea-Ofa di Acireale, sottolinenando come in agrumicoltura l’obiettivo consista nel ridurre al minimo gli input per mantenere l’equilibrio biologico, permettendo alla coltura di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente in sinergia con la flora e la fauna degli agrumeti, ha riferito degli oltre dieci progetti in cui la struttura acese è coinvolta e che prevede la collaborazione con i produttori biologici: «Tra le nostre attività di ricerca c’è la messa a punto di strategie innovative rispettose dell’ambiente che potranno essere impiegate dagli agrumicoltori già nel prossimo futuro. Gli ambiti riguardano il miglioramento genetico, le tecniche colturali, il controllo di patogeni e parassiti, la trasformazione e l’impiego dei sottoprodotti della lavorazione degli agrumi come la produzione di formulati ecofriendly per il contenimento delle malattie in pre raccolta e delle micopatie del post raccolta».
Non c’è bio senza approccio agroecologico
Un tecnico di campo, e allo stesso tempo agrumicoltore, ha ricordato la logica che sta alla base dell’agricoltura biologica: «Per produrre agrumi in bio – ha sottolineato Francesco Ancona, consigliere del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia con delega al biologico – è fondamentale conoscere i principali fattori che caratterizzano l’agroecosistema aziendale e territoriale. Solo così possiamo renderlo produttivo e protettivo nei confronti dell’ambiente. È fondamentale garantire la conservazione del suolo, ripristinare la biodiversità e valorizzare le varietà più adatte all’ambiente. Inoltre, dobbiamo preservare le aree marginali, come siepi e muretti a secco, dove gli organismi utili trovano rifugio. L’agrumicoltura biologica è una realtà consolidata, particolarmente nel Mediterraneo, e rappresenta uno dei comparti più importanti del settore bio. Solo un approccio agroecologico potrà supportare al meglio la resilienza dell’agrumicoltura ai cambiamenti climatici».