Cinisara e vecchi olivi nel turismo lento del Gal di Castellammare
In viaggio tra gusto e cultura. Da questo punto di vista la Sicilia offre innumerevoli spunti in cui si passa necessariamente dall’agricoltura, dalla zootecnia per arrivare all’industria agroalimentare, alla ristorazione e alla pasticceria. Tutti settori in cui l’Isola può vantare punte d’eccellenza.
Il turismo enogastronomico è ormai una realtà e presenta un trend crescente. Sta agli operatori turistici e alle amministrazioni pubbliche saper cogliere le nuove esigenze di un turista maturo che, dopo avere visitato le città d’arte e frequentato le località di mare più attraenti, torna in Sicilia e cerca una esperienza diversa, più “slow”, meno impattante, ma capace di svelare il volto piú “autentico” dell’Isola e dei suoi abitanti.
Per il progetto messo in campo dal Gal (Gruppo di Azione Locale) Golfo di Castellammare finalizzato allo sviluppo del turismo alternativo e sostenibile delle aree interne è stato scelto un acronimo un pò complicato: Tuscinos. Che per esteso significa “Turismo sostenibile attraverso i sentieri della Cinisara e degli olivi saraceni”.
Una razza di vacca in via d’estinzione e gli olivi centenari
Scelti due elementi tipici di quella fascia di terra compresa tra il mare e le colline dell’entroterra a ridosso del meraviglioso golfo di Castellammare (l’areale di competenza del Gal comprende Alcamo, Balestrate, Borgetto, Cinisi, Partinico, Terrasini, Trappeto e Ustica): la vacca Cinisira dal mantello nero e le lunghe corna, e gli olivi centenari anch’essi, come la vacca autoctona del Palermitano, resistenti e resilienti in un areale dove l’agricoltura non è mutata molto negli ultimi decenni.
Sono luoghi che dalla loro immutabilità (eccetto che per l’urbanizzazione spesso selvaggia e poco elegante) traggono il loro fascino. Qui i magri pascoli arsi dal sole danno sostentamento a una razza bovina autoctona praticamente in via di estinzione (tremila capi in tutto e i pochi allevatori rimasti sono diventati “allevatori custodi”) dalla scarse esigenze alimentari. Alle Cinisare, dicono gli allevatori, basta leccare le pietre per produrre latte. Un latte non abbondante ma di altissima qualità: aromatico, grasso e di notevole ricchezza proteica.
Il caciocavallo di Cinisara
Con il latte di queste mucche, gli allevatori realizzano un caciocavallo di gran pregio che per tanto tempo è stato presidio Slow Food. Poi l’eccessiva frammentazione delle aziende e la molteplicità dei procedimenti utilizzati nella produzione del formaggio ha fatto “saltare il banco”: troppo individualismo e troppo campanilismo non fa bene ai prodotti tipici del territorio che devono presentarsi con un minimo standard qualitativo per essere riconoscibili. Benché non sia più presidio dell’associazione fondata da Carlo Petrini, il caciocavallo di Cinisara fa comunque parte dell’Arca del Gusto di Slow Food, il catalogo di prodotti che appartengono alla cultura e alle tradizioni di tutto il mondo e che rischiano di scomparire.
Il caciocavallo di Cinisara ha la forma di un parallelepipedo a base quadrata. Pesa da 8 a 10 chilogrammi, stagiona dai 3 ai 6 mesi, per il consumo da tavola; quello per la grattugia fino a 8-9 mesi. Mano mano che procede nella stagionatura assume via via note piccanti più accentuate, caramellate, di fiori di campo, di macchia mediterranea accompagnati da sfumature animali date dal caglio. Presenta una nota acidula che bilancia la grassezza evidente. Quando lo assaggiate, ne vorrete ancora: in bocca è suadente, pastoso e lungo.
Le vacche di Cinisara allevate in semi-brado, d’estate si puó vederle sulle alture di fronte al mare appena sopra l’aeroporto internazionale Falcone Borsellino. Bisogna fare un po’ di strada a piedi, però, e sotto il sole cocente della lunga estate siciliana non è consigliabile. Meglio affrontare questa gita con un fuoristrada: per arrivare a Piano Margi si percorre una vera e propria pista forestale. D’inverno, gli allevatori le portano piú giú, vicino la costa e non è difficile vederle pascolare tra le palme nane vicino la riserva di Capo Rama a Terrasini.
Gli olivi saraceni
L’altro elemento distintivo del territorio in cui opera il Gal di Castellammare sono gli olivi centenari (saraceni). Con i loro tronchi contorti e le loro grandi chiome resistono nei terreni dove pascolano le Cinisare offrendo con la loro ombra riparo dalla calura estiva. Contribuiscono alla bellezza di un paesaggio aspro e difficile e garantiscono anche una bassa produzione di olive destinate alla produzione di olio: non possono essere irrigati, raramente vengono concimati e ad essi non vengono concesse potature regolari. Inutile pensare di potere ottenere produzioni abbondanti e non alternanti. Ma la loro bellezza affascina. Guai, quindi, a pensare di estirparli: sono un elemento costitutivo del paesaggio e devono essere protetti e trattati alla stessa stregua di un monumento. Sono parte della storia dell’agricoltura siciliana.