Operai agricoli o no? Una nuova circolare sana lo scontro Inps-aziende

Operai agricoli o no? Una nuova circolare sana lo scontro Inps-aziende

Sarà l’effetto della crisi provocata dalla pandemia, ma l’Inps ha finalmente sciolto un vecchio rebus che ogni anno vedeva contrapposte aziende e istituto di previdenza. Con la circolare n. 56 del 23 aprile scorso, a firma del direttore generale dell’Istituto, Gabriella Di Michele, per la prima volta gli addetti che risultano dipendenti di imprese non agricole, ma che vengono comunque impiegati in operazioni prettamente agricole, avranno riconosciuta l’identificazione previdenziale di operai agricoli.

Come spiega la circolare Inps, l’intervento si è reso necessario “anche per il graduale ammodernamento del settore agricolo collegato ad uno sviluppo sempre più accentuato dei servizi forniti da imprese terze e per la conseguente evoluzione della legislazione speciale per i soggetti che operano nel settore commerciale, turistico ed industriale ma con riferimento all’attività agricola”.

Una nota di consenso alla nuova circolare, è arrivata subito dalla Cgil di Catania: «Per la nostra categoria è una vittoria storica ed è frutto della battaglia sindacale della nostra organizzazione», hanno commentato il segretario della Camera del Lavoro, Giacomo Rota, e il segretario della Flai-Cgil etnea, Pino Mandrà. «In parole povere, – spiegano – è l’attività in concreto svolta dal lavoratore a prescindere dalla qualifica di assunzione o dall’inquadramento del datore di lavoro, quella che conta». «Per questo, – osservano ancora Rota e Mandrà – una volta accertato che il lavoratore dell’impresa non agricola abbia svolto invece un’attività lavorativa riconducibile ad attività agricola, anche l’identificazione previdenziale sarà quella di operaio agricolo, Otd e/o Oti. Inoltre, indipendentemente dalla eventuale riqualificazione dell’azienda in un diverso settore, i lavoratori rimarranno iscritti nel settore agricolo».

Ma che cosa prevede nel dettaglio la nuova circolare dell’Inps? Vediamo meglio. Secondo l’interpretazione dell’Istituto, ai fini dell’assoggettamento delle imprese non agricole alla contribuzione agricola unificata, va preso in esame quanto disposto dalla legge n. 92 del marzo del ’79 in materia di obblighi contributivi: “Agli effetti delle norme di previdenza ed assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato, da imprese non agricole singole e associate, se addetti ad attività di raccolta di prodotti agricoli”. Facendo riferimento a due sentenze della Corte di Cassazione (la 8353 del 2010 e la 2933 del 2019), la nuova circolare, adesso, prevede che ai fini dell’inquadramento contributivo sia rilevante “l’attività in concreto svolta dal lavoratore a prescindere dalla qualifica di assunzione o dall’inquadramento del datore di lavoro”.

L’inversione di rotta è sostanziale. Basti pensare che ancora nella circolare precedente, la n. 94 del 20 giugno 2019, l’Istituto faceva rientrare nell’inquadramento in agricoltura, esclusivamente gli operai addetti a “lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, di imboschimento, di creazione, sistemazione e manutenzione di aree a verde”, a prescindere dalla classificazione del rispettivo datore di lavoro, e considerava l’elenco come tassativo. Restavano, così, escluse quindi alcune attività di supporto al processo produttivo, come ad esempio la potatura, la semina, la fornitura di macchine agricole svolte da imprese non agricole.

Interpretazione restrittiva che, come prevedibile, scatenava puntualmente le polemiche: da un lato le organizzazioni di produttori agricoli e braccianti, dall’altro l’Istituto arroccato in difesa di principi burocratici spesso lontani anche dalla prassi.

Con la nuova interpretazione, adesso l’Inps ha definito chiaramente che rientrano nell’ambito dell’inquadramento agricolo “le attività indispensabili, ordinarie e straordinarie, finalizzate a mantenere in stato ottimale di salute le piantagioni coltivate, il suolo che ospita le colture e gli allevamenti praticati”. E quindi le imprese non agricole, comprese le aziende agro-meccaniche che operano nell’ambito dei servizi in agricoltura, dovranno così assicurare alla contribuzione agricola unificata gli operai addetti a tali attività.

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