Onu, tappa anche in Sicilia: migranti e piccoli agricoltori vittime del sistema

Onu, tappa anche in Sicilia: migranti e piccoli agricoltori vittime del sistema

Nella sua missione in Italia durata undici giorni, l’inviata delle Nazioni Unite, Hilal Elver, esperta di diritti umani e relatrice speciale dell’Onu per il diritto all’alimentazione, ha fatto tappa anche in Sicilia. Dopo essere stata nel Lazio, in Lombardia, Toscana, Piemonte e Puglia, lo scorso 28 gennaio si è recata a Vittoria e nella stessa giornata si è fermata a Chiaramonte Gulfi dove operano alcune aziende della prima filiera etica del Sud che producono in bio e commercializzano anche con il marchio “No Cap” (No Caporalato).

a sinistra Hilal Elver, a destra Gianni Fabbris di Altragricoltura

Il quadro che emerge nel rapporto finale dell’inviata Onu è sconfortante, sebbene non stupisca affatto gli addetti ai lavori e tutti coloro che conoscono a fondo i meccanismi (leciti e illeciti) che caratterizzano mercati, prezzi e rapporti tra gli elementi della filiera agroalimentare.

Il documento è un vero e proprio atto di accusa nei confronti dell’Italia e del suo sistema agroalimentare con circostanziate descrizioni di situazioni ben rappresentate, purtroppo, anche in Sicilia.

Secondo l’inviata dell’Onu, infatti, metà della manodopera agricola italiana è costituita da migranti, per lo più irregolari, che sono poi i più deboli. Si tratta, spiega nel report la Elver, di manodopera “sfruttata dal sofisticato sistema alimentare dell’Italia” a cui vengono imposti orari “eccessivamente lunghi” e “salari troppo bassi per coprire i bisogni elementari”. Tutto questo perchè sono migranti senza documenti “lasciati in un limbo, senza poter accedere a lavori regolari”. Metà circa della manodopera del settore agricolo – scrive nel suo rapporto l’inviata dell’Onu – è costituita da braccianti migranti: fra i 450 mila a mezzo milione. Ed è proprio in agricoltura, viene sottolineato, che lavora “la più elevata quota di lavoratori irregolari in relazione al numero totale di impiegati nel settore”. Il riferimento al caporalato, poi, non poteva mancare. «Lavoratori stagionali e non stagionali – afferma Elver – trovano spesso nel sistema del caporalato la sola possibilità di vendere la loro manodopera e di ottenere una paga». Nel caso dei migranti irregolari, poi, viene ricordato come lavorino praticamente sotto ricatto, con la “minaccia costante di perdere il lavoro, di venire rimpatriati con la forza o di diventare oggetto di violenza fisica e morale”.

L’inviata delle Nazioni Unite si sofferma anche sulle storture del sistema che colpiscono i piccoli agricoltori: «Malgrado un Pil stimato di circa 2.200 miliardi di dollari, imprese innovative rinomate nel mondo, un vasto settore agricolo e un’industria manifatturiera moderna, i lavoratori e piccoli agricoltori portano un pesante fardello e sono sfruttati dalla sofisticata industria alimentare italiana».

Lo sfruttamento della manodopera “non è l’unico modo in cui l’illegalità invade la filiera alimentare italiana”, scrive Elver, che parla di “prodotti contaminati abbandonati nelle aree rurali, bruciati o versati nei fiumi; di mercati all’ingrosso in cui gli agricoltori sono costretti ad accettare prezzi così bassi da metterne in gioco la sopravvivenza; dell’acquisto di terra con soldi denaro frutto di attività illegali; dell’uso frequente di fertilizzanti contraffati o tossici, spesso distribuiti da lavoratori senza conoscenze né misure di sicurezza“.

Nell’evidenziare l’esistenza di pratiche scorrette nella vendita di prodotti agricoli (le aste al doppio ribasso sono tra queste, ma non sono le sole), l’inviato delle nazioni Unite sostiene che “chi lavora i prodotti non è in grado di offrire ai produttori un prezzo equo per le materie prime. Di conseguenza, i produttori sono costretti a prendere scorciatoie che aumentano la produzione (es. uso aggressivo di pesticidi) o riducono i costi di produzione (es. abbassando gli stipendi per i lavoratori agricoli, ai quali offrono molto meno del salario minimo concordato dalla legge)».

Proprio la Sicilia, poi, ha offerto all’Onu l’occasione di verificare come i pagamenti diretti della Pac possano diventare una ghiotta occasione per la criminalità organizzata. È bastato raccontarle dei 94 arresti operati lo scorso 15 gennaio dei soggetti coinvolti in una maxifrode sui fondi Ue basata su sistemi illegali, ampie complicità e perfino estorsioni.

Analisi impietosa anche per la rappresentanza: «Gli agricoltori – afferma nel report la Elver – sono rappresentati da diverse importanti organizzazioni e sindacati per agricoltori, che fungono da intermediari tra gli agricoltori e lo Stato. Tuttavia, diversi incontri con agricoltori e ricercatori agricoli hanno rivelato che queste stesse organizzazioni spesso non riescono a rappresentare correttamente le esigenze degli agricoltori».

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