Non si trebbia sulle basse Madonie: niente grano nè foraggi

Mietitrebbie ferme quest’anno nelle basse Madonie. Tra allevatori e agricoltori che, vista l’annata difficile, speravano in un prezzo sostenuto per il grano, solo delusione e lacrime amare per avere speso inutilmente capitali, lavoro e tempo in cambio di spighe vuote. I seminativi di questa zona, insieme a quelli del centro Sicilia e dell’areale catanese sono stati tra i più colpiti dalla siccità. Centinaia e centinaia di ettari, a perdita d’occhio, si presentano non di quel bel colore biondo tipico dell’inizio estate, ma di un bruno che sa di terra arsa e sterile. Stesso colore hanno anche i campi dedicati alle colture foraggere e i pascoli naturali. Il che si traduce in un terribile colpo per la zootecnia estensiva di queste zone.
«Dalle zone di Alimena e Bompietro e in genere dalle Madonie – afferma Camillo Pugliesi, presidente della Cia Sicilia Occidentale – provengono alcuni tra i migliori grani duri siciliani, anche biologici, ma la quasi totale assenza di pioggia ha avuto la meglio. Quest’anno non c’è raccolto, neanche di foraggi, a fronte invece di tutte le spese affrontate dai produttori. Spese tra l’altro lievitate parecchio rispetto agli altri anni. Nessuno può permettersi di non incassare un euro dopo averne spesi a migliaia, serve un intervento di sostegno immediato. C’è il serio rischio di chiusura di tante aziende e di perdita di un ricchissimo patrimonio cerealicolo e zootecnico».
Gli anziani delle Madonie non si danno pace. Tra questi Antonio Li Puma, cerealicoltore e allevatore: «Ho 82 anni e ho fatto sempre l’agricoltore. È la prima volta che mi trovo davanti a una situazione del genere, questa è una siccità mai vista. Soffrono piante e e animali. Perfino i cinghiali non trovano cibo. Dopo avere affrontato tutte le spese per portare a termine la coltura, non raccoglieremo nulla. Non ci sarà un chicco di grano. È la morte dell’agricoltura e degli agricoltori».
«Mai vista un’annata così brutta», gli fa eco un altro produttore e allevatore, Giovanni Folisi che aggiunge: «Per seminare i miei campi a grano e foraggio ho speso 30 mila euro ma non incasserò nulla. In più dovrò comprare il fieno per gli animali, il cui prezzo è triplicato: per una rotoballa prima si spendevano 25 euro, ora ce ne vogliono 80-100. A parte i prezzi, è comunque una situazione insostenibile, perché non abbiamo acqua da dare al nostro bestiame. Avevo una sessantina di capi, ho dovuto venderne una trentina. Non so se cercare di resistere ancora o chiudere».
Tra i cereali, quelle poche spighe che sono riuscite a spuntare sono letteralmente vuote, non vale quindi la pena trebbiare: «Avremmo dovuto avere piante anche alte un metro – spiega Rosario La Tona, responsabile del Centro di assistenza agricola di Bompietro – e invece arrivano a malapena a 30 centimetri e quelle poche spighe spuntate sono vuote. È un vero disastro».
«In questo areale – aggiunge Vincenzo Valenti, referente Cia Basse Madonie – registriamo una una catastrofe dopo l’altra: il 2024 sarà ricordato per la siccità, il 2023 per il gravissimo incendio dell’estate scorsa che ha devastato centinaia di aziende. La maggiore criticità al momento riguarda il comparto zootecnico: rischiamo di perdere un patrimonio costruito negli anni e che già ora sarà difficile da ricostruire».