Siccità, sugli agricoltori piovono solo cartelle esattoriali

Sugli agricoltori siciliani, invece che la tanto desiderata acqua, piovo cartelle esattoriali. Come quelle recapitate nei giorni scorsi ai produttori dell’ arancia rossa di Sicilia Igp i cui terreni ricadono nella competenza del Consorzio 7 di Caltagirone. Non hanno ricevuto un goccio d’acqua nella scorsa stagione tanto da dovere ricorrere per irrigare gli aranceti all’acqua di falda prelevata a oltre cento metri di profondità con veri e propri salassi per l’energia elettrica necessaria a far funzionare le pompe. Ma, in compenso, ad essi viene richiesto il pagamento di due oneri consortili: una voce si riferisce a “bonifica e miglioramento fondiario”, l’altra a “esercizio e manutenzione opere irrigue”. Oneri che contribuiscono alla formazione del bilancio di esercizio del Consorzio di bonifica (commissariati dalla Regione come tutti gli altri consorzi siciliani da trent’anni) e che se non inseriti nel conto economico e incassati determinerebbero il default dell’Ente. Insomma siamo di fronte a un atto dovuto per il commissario di turno (i consorzi di bonifica siciliani, è bene ricordarlo, sono in gestione commissariale da trent’anni) visto che i bilanci devono essere comunque chiusi in pareggio.
Non l’ha presa bene Gerardo Diana, presidente del Consorzio di tutela dell’Arancia Rossa Igp che insieme a molti dei produttori dell’agrume tipico etneo ha ricevuto la cartella esattoriale: «Queste cartelle sono una beffa: siamo l’unica regione europea contrassegnata dal bollino rosso per la siccità. Il governo regionale ha perfino dichiarato lo stato di calamità naturale per la ‘siccità severa’ che interessa tutta l’isola e veniamo da un anno di assoluta carenza di acqua, durante il quale abbiamo dovuto fare fronte a enormi difficoltà. Non ultimi i costi stratosferici dell’energia elettrica consumata per azionare le pompe che sollevano l’acqua necessaria per salvare gli agrumeti e la produzione di arancia rossa. E adesso, anziché aiuti, riceviamo mazzate». «I soci del Consorzio che presiedo – denuncia il presidente Diana – sono in subbuglio e chiedono immediati chiarimenti su questa beffa. Non possiamo pagare queste cartelle esorbitanti ai consorzi di bonifica».
«Il ruolo fisso (quello inserito nelle cartelle esattoriali, ndr) è obsoleto e superato dai tempi, e la indisponibilità di acqua negli invasi che nega di fatto la possibilità di una normale stagione irrigua non può permettere alcun atteggiamento vessatorio nei confronti degli agricoltori – afferma Giosuè Catania, coordinatore di giunta di Cia Sicilia orientale. «Tutto andrebbe riformato – continua – ma, come si sa, la legge di riforma non vede la luce da ben 29 anni ed i consorzi affogano in un mare di debiti. Non è la prima volta che sollecitiamo un piano straordinario per affrontare le emergenze idriche ora più pesanti dovute alle conseguenze di una siccità che pare interminabile. Almeno la sensibilità per un incontro urgente è il minimo che ci si possa aspettare. È necessario un impegno corale che si deve assumere la politica per far fronte alla crisi drammatica del comparto».
Prosegue all’Ars l’iter del disegno di legge sui Consorzi di bonifica
A proposito dei Consorzi di bonifica e del disegno di legge che prosegue il suo iter legislativo passando per la Commissione Bilancio dell’Ars, qualcuno lo ha definito un semplice restyling. Non ci sta il deputato regionale pentastellato Carlo Gilistro che intervenendo in Commissione Bilancio ha ribadito la necessità di una vera riforma puntando anche il dito sull’assenza di risposte circa la situazione debitoria dei Consorzi di Bonifica. «La proposta di legge non chiarisce cosa fare del pesante passivo che schiaccia gli enti, né dà spiegazioni su come sia stato possibile registrare perdite così significative». Non solo, il deputato Cinquestelle evidenzia come “manchi completamente un riferimento sul destino del personale in servizio presso i consorzi attuali. Oltre ad un mero ipotetico passaggio dei dipendenti (1800 di cui 900 stagionali, ndr), il disegno di legge non prevede nulla in termini di garanzie occupazionali”.
La carenza idrica per ora si fronteggia con soluzioni temporanee e d’emergenza
Ci sono voluti tre anni per il ripristino della condotta principale dell’adduttore irriguo Magazzinazzo nel Catanese. Il tratto interessato, lungo circa 540 metri, è stato danneggiato durante l’alluvione del 2018 e, nonostante inizialmente ripristinato, tre anni fa è stato smantellato perché necessitava di un massiccio intervento strutturale. Per questo intervento sono stati stanziati due milioni di euro (con fondi Cipes a rischio disimpegno rimpinguati con circa 600 mila euro di fondi regionali) che permetteranno di far ripartire l’irrigazione di una vasta porzione di territorio, pari a oltre settemila ettari.
La siccità ha convinto l’assessorato all’Agricoltura guidato dal leghista Luca Sammartino a sborsare 600 mila euro per realizzare due linee di pompaggio provvisorie che consentano di attingere alle acque del lago di Lentini, nel Siracusano. L’opera verrà dal Consorzio di bonifica 9 di Catania e garantirà l’approvvigionamento idrico alle aree circostanti che ricadono nella Piana di Catania. «L’intervento – dice l’assessore – ci consentirà di agire celermente per sopperire allo stato emergenziale di crisi idrica in attesa della realizzazione del più ampio progetto di ammodernamento della stazione di pompaggio i cui lavori sono già stati appaltati e saranno completati entro la fine dell’anno».
Anche nell’Agrigentino si muove qualcosa
In un’altra parte della Sicilia, nell’Agrigentino, il commissario straordinario per l’emergenza idrica in agricoltura, Dario Cartabellotta, ha avviato le procedure per consentire il trasferimento di risorse idriche dalla diga Gammauta, gestita da Enel, alla diga Castello, tramite l’adduttore consortile San Carlo Castello. «Una buona notizia per il comparto agricolo – commenta l’assessore regionale all’Agricoltura – che arriva in seguito al sopralluogo e agli incontri di queste settimane con i sindaci e gli agricoltori della provincia di Agrigento».
L’intervento mette una toppa alle esigenze irrigue di questa parte della Sicilia e si aggiunge al via libera concesso circa un mese fa all’utilizzazione delle acqua invasate nel lago Arancio di Sambuca di Sicilia che erano state bloccate perchè era stato accertato un valore delle microcistine prodotte dalle alghe presenti nel bacino al di sopra dei valori minimi di legge per il consumo umano.
L’importanza delle acque reflue
Infine il tanto agognato riuso delle acque reflue depurate. Una chimera in Sicilia, proprio dove ce ne sarebbe stato più bisogno anche prima di assistere a una delle più severe siccità degli ultimi decenni. La Sicilia pare sia stata tra le prime regioni in Italia a recepire la direttiva Ue in materia di riuso di acque reflue, anticipando anche la legislazione nazionale ancora ferma al 2003, mettendo così in campo una risposta efficace al tema della sicurezza dell’approvvigionamento idrico. Si tratta di un provvedimento innovativo, frutto di un anno lavoro congiunto con le università siciliane, le Ati (Assemblee territoriali idriche), i gestori del servizio idrico, Autorità di bacino, Arpa e Asl, che presenta enormi potenzialità visto che, al momento, nella regione la totalità delle acque depurate viene scaricata in natura (mare, fiumi, ecc..) e che il suo recupero potrebbe segnare una svolta.
«Il cambiamento climatico che sta stravolgendo il nostro ecosistema – dice il presidente della Regione Renato Schifani – impone scelte strutturali che non sono più differibili. Questo provvedimento, che recepisce le più recenti indicazioni europee in materia, va nella direzione giusta promuovendo un uso sostenibile e prolungato di questa preziosa risorsa, ma non è l’unica misura messa in campo per fronteggiare il rischio siccità».
Laghetti aziendali, pozzi e collaudo invasi
Alla luce di quanto sta accadendo in questi mesi, servirebbe investire sugli adeguamenti, la messa a norma e il collaudo degli invasi artificiali esistenti cosicché, appena pioverà, possano essere utilizzati per la massima capacità d’invaso. E poi ancora laghetti aziendali. Dopo averne finanziato 311 laghi artificiali, per un totale di 35 milioni, da più parti viene suggerito di finanziare tutti i progetti presenti nella graduatoria del bando dei laghetti aziendali potenziando il fondo dell’Irfis. E per consentire a tutte le aziende agricole di realizzarli (anche a quelle meno capitalizzate e già con ipoteche sul capitale fondiario per garantire crediti destinati ad altri miglioramenti) i tecnici propongono di escludere la richiesta di garanzie o in alternativa di aumentare la quota di finanziamento pubblico al 90%. Agevolazioni decisamente “fuori mercato” che potrebbero essere giustificate dall’imposizione a chi realizza l’ opera di riservare, ove necessario, una percentuale della riserva idrica a scopi pubblici. Poi c’è il grande tema delle ricerche idriche aziendali dall’iter autorizzato ancora troppo farragginoso. In un momento in cui sono rischio non sono le produzioni, ma perfino gli impianti arborei, potrebbe essere utile favorire le ricerche idriche aziendali snellendo l’iter autorizzativo riducendolo, magari, ad una semplice comunicazione al Comune.
© Copyright 2024 – Tutti i diritti riservati Sicilia Verde Magazine