Poco bio e poco territorio, mense scolastiche tutte da rivedere

Poco bio e poco territorio, mense scolastiche tutte da rivedere

A mangiare sano e correttamente si impara certamente sui banchi di scuola, ascoltando gli insegnanti o gli esperti che li impegnano nei laboratori didattici. Ma il posto migliore dove si impara a mangiare bene, e in modo salutare, è soprattutto la mensa, quando si consumano i pasti insieme ai compagni di scuola. Peccato che solo il 26 per cento delle scuole offra il servizio mensa e che il loro numero sia rarefatto soprattutto al Sud, dove l’attivazione del servizio spesso rimane al palo perché gran parte degli edifici scolastici (anche i più recenti) è privo di locali adeguati per la somministrazione dei pasti. Così il tempo prolungato è spesso un miraggio per molte famiglie dove a lavorare sono entrambi i genitori.

Dove le mense sono attive, cosa mangiano i bimbi della materna, delle elementari e i ragazzi delle medie? Cibi e pietanze ovviamente sicuri dal punto di vista igienico, ma non sempre rispettosi di standard salutistici che costituiscono la base della prevenzione delle malattie cronico degenerative. Tra gli ingredienti spesso c’è poco bio e poco territorio. Ci si affida a ingredienti che spesso vengono prodotti lontano dal luogo in cui vengono consumati e soprattutto non si fa leva sui prodotti biologici locali nè su quelli agricoli a marchio territoriale regionale (Igp e Dop).

La legge invita all’uso dei prodotti biologici e territoriali

Eppure nella legge Finanziaria 2000 (la n. 488 del 1999) è scritto (art.59 comma 4 bis) che per “garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche ed ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell’Istituto nazionale della nutrizione”. Detto e troppo spesso non fatto. Gli appalti pubblici dei servizi mensa, infatti, non sono quasi mai aggiudicati attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti. Per circa il 66 per cento vengono fornite da grandi società specializzate in catering che di rado si riforniscono sui circuiti bio territoriali.

Anche sulle mense scolastiche bio è enorme il divario tra le regioni italiane: buona parte delle mense scolastiche biologiche sono concentrate nel Nord Italia (70% del totale). Segue, a distanza il Centro Italia con il 17% e infine il Sud, che benchè cresciuto negli ultimi anni, rappresenta ancora solo 13%. A indicare, anche se non in maniera precisa e esaustiva, come i prodotti biologici siano entrati nelle diete dei piú piccoli, lo possiamo trarre dalla ripartizione del fondo mense scolastiche biologiche istituito con la legge 21 giugno 2017 n. 96 (articolo 64, comma 5 bis). In cima alla classifica Emilia-Romagna (quasi 10,8 milioni di pasti), Lombardia (5 milioni) e Veneto 2,6 milioni). Fanalino di coda Sicilia e Sardegna.

Paradosso Sicilia 

Per la Sicilia si tratta perfino di un paradosso: la regione con la maggiore superficie agricola in biologico, è proprio tra quelle che dal fondo trae il minor vantaggio. Il motivo? Semplice: il numero limitato di scuole che assicurano il tempo prolungato e che, quindi, devono assicurare il servizio mensa (spesso determinato dall’assenza di locali idonei alla somministrazione dei pasti e/o di cucine, perfino negli edifici di più realizzazione). Inoltre la dotazione del fondo nazionale per le mense bio non è certo allettante visto che è passata dai dieci milioni di euro dei primi anni di attuazione della legge (2018 e 2019) agli attuali 5.

Lillo Alaimo Di Loro, presidente di Italia Bio

Cambiare approccio per attivare virtuosi circuiti economici territoriali

«Un approccio diverso, che preveda l’attivazione delle mense bio per tutta la popolazione scolastica nazionale con età compresa tra 3 e 14 anni e la fornitura delle mense con prodotti di prossimità – per il presidente di Italia Bio – rappresenterebbe un ottimo sbocco per le produzioni biologiche, attiverebbe virtuosi circuiti economici territoriali locali per un valore economico stimato tra 6 e 7 miliardi di euro». Da privilegiare – secondo Italia Bio – un modus operandi basato sulla gestione diretta dei comuni e l’approvvigionamento dalla rete territoriale delle oltre 80 mila aziende biologiche operanti in Italia.

Corretta alimentazione da piccoli per adulti più sani

«Estendere a tutta la popolazione scolastica la possibilità di fruire del servizio mensa con prodotti biologici e del territorio costituirebbe anche una importante opportunità educativa», aggiunge Alaimo Di Loro. «La corretta e responsabile alimentazione, sostenibile perché ancorata al territorio e a basso impatto ambientale come quella biologica adottata con l’obiettivo di raggiungere un migliore standard salutistico, in fin dei conti – conclude il presidente di Italia Bio – determina la riduzione dei costi sociali in termini prevenzione delle malattie cronico degenerative». Insomma, con una sana alimentazione bio a partire dalla prima infanzia possiamo facilmente curare la salute dei cittadini e del territorio.

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