Fondi dello sviluppo rurale, lo scontro diventa questione politica nazionale

Fondi dello sviluppo rurale, lo scontro diventa questione politica nazionale

l confronto sul riparto dei fondi dello sviluppo rurale per il biennio 2021-2022 finora si è svolto sul piano istituzionale. Dopo la conferenza stampa di ieri organizzata a Roma, nella sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, ha preso una piega inattesa ed è diventato una questione politica nazionale.

Durante la conferenza stampa organizzata dai parlamentari di Forza Italia eletti nelle regioni del Sud, gli assessori all’agricoltura di Sicilia, Campania, Calabria, Basilicata e Umbria (assente quello della Puglia) hanno ribadito la loro posizione circa il riparto delle risorse dello sviluppo rurale e destinate al finanziamento del trascinamento dei Psr per il biennio 2021-22. 

Le sei regioni in cui ricade il 60 per cento delle aree italiane in ritardo di sviluppo, e quindi destinatarie dei fondi dello sviluppo rurale, sono contrarie all’ipotesi di rivedere i criteri di ripartizione così come richiedono le regioni del Centro-Nord. Scorretta viene considerata l’eventuale revisione dei parametri della storicità della spesa, alla luce di quanto deciso dalla Ue circa l’adozione della nuova Pac. Il regolamento 2220 del 2020 ha infatti prorogato i regimi di aiuti del primo e del secondo pilastro per il biennio 2021 e 2022. 

Ancora più scorretta – secondo le regioni del Sud – sarebbe la decisione del governo nazionale qualora venissero adottati parametri di ripartizione diversi da quelli storici per il secondo pilastro, dopo che per il primo è stato deciso di lasciare tutto com’è, mantenendo di fatto le penalizzazioni sulle aree del Mezzogiorno che percepiscono premi diretti di gran lunga inferiori alle altre aree del Paese.

La posizione difesa dalle regioni del Sud a cui si è aggregata da subito l’Umbria, trova conforto nelle comunicazioni della Commissione europea e in una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze che mette in guardia circa possibili sforamenti nel bilancio dello Stato qualora cambiasse il sistema di ripartizione dei fondi comunitari a cui, com’è noto, corrisponde un livello di cofinanziamento diverso area per area.

«Per mesi abbiamo tentato di ricercare un punto di equilibrio per garantire il raggiungimento di un accordo unanime ed equo, scevro da penalizzazioni per zone del Paese che non sopporterebbero il peso di nuove discriminazioni che, in parole povere, si tradurrebbero in scippi di risorse essenziali. Ci siamo però trovati di fronte ad un muro di gomma che è diventato ancor più respingente dopo la presa di posizione del Ministero dell’Agricoltura, che sovvertendo la logica e le indicazioni di matrice europea ha deciso sostanzialmente di cancellare principi elementari quanto essenziali, con scelte che non lasciano emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi Pac», ha detto Toni Scilla, assessore regionale all’agricoltura.

Ma in cosa consiste la proposta delle regioni che sostengono i criteri storici? Le modifiche sui criteri di ripartizione si potranno fare, ma dovranno applicarsi a partire dal 2023. In ogni caso non dovranno intaccare le finalità proprie del Feasr che è destinato a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali. Dovrebbe, quindi, ad esempio essere escluso il parametro della Plv che invece è stato più volte caldeggiato dal Centro-Nord.

Dopo le numerose fumate nere in Conferenza Stato-Regioni, il ministro Stefano Patuanelli dovrà sottoporre al Consiglio dei Ministri la propria proposta. E su questa l’attenzione è alta. Gli assessori all’agricoltura “resistenti” hanno affermato: «Non accetteremo colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022 perchè ciò si tradurrebbe in una forte penalizzazione per le regioni svantaggiate del Paese. Saremmo di fronte a un paradosso: proprio le aree rurali che ne hanno tanto bisogno, sarebbero private dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate».

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