La miseria delle pensioni agricole. E una su cinque è pure sbagliata

La miseria delle pensioni agricole. E una su cinque è pure sbagliata

La pensione degli ex lavoratori agricoli? In almeno un caso su cinque il calcolo è sbagliato. Il 20% delle pensioni attualmente erogate, infatti, potrebbe essere stato definito su parametri errati. E l’Inps interviene solo nel caso in cui il fruitore dell’assegno riesca a dimostrare che la somma ricevuta non corrisponde a quanto in realtà gli spetterebbe. Somma che, nel caso degli ex lavoratori delle campagne, è davvero misera: in media, appena 513 euro al mese.

Una vita di sacrifici nel lavoro nei campi “ricompensata” dunque da una pensione ridicola pure inferiore alla pensione di cittadinanza e che, raffrontata agli altri paesi europei, è di circa il 30% in meno rispetto alla media dell’importo delle pensioni per il settore agricolo. C’è poco da stare allegri, quindi. Ma cercare di ricevere quanto spetta, in base a quanto è stato versato durante la propria vita lavorativa, almeno questo è dovuto. Eppure spesso non accade.

Tutto questo è quanto emerge da vari rapporti elaborati a livello nazionale dai patronati Inac della Cia, Confederazione italiana agricoltori. Non a caso “Occhio all’errore” è stata chiamato il progetto lanciato nelle scorse settimane dalla Cia, per cercare di limitare al massimo le sviste degli uffici Inps a danno degli ex lavoratori dei campi. Il controllo avviene tramite lo screening dei dati per analizzare l’eventuale errore. Da quel momento in poi, Inac-Cia si fa carico, naturalmente, anche di attivarsi con l’Inps per recuperare gli arretrati in favore dell’avente diritto. E, a quanto pare, sono già numerosi i casi in cui il patronato è riuscito a recuperare arretrati per somme che erroneamente non erano state corrisposte al pensionato.

Questo delle pensioni sbagliate, del resto, non è un problema nuovo per Inps e patronati. Denuncia Laura Ravagnan, direttore generale del Patronato Inac-Cia: «In questa situazione è difficile svolgere attività di patronato per i cittadini. Oltre ai sempre più onerosi adempimenti imposti dal ministero e la crescente richiesta di prestazioni, ci si mettono anche gli errori dell’Inps a rendere tutto complicatissimo».

L’ultima in ordine di tempo è stato il conteggio sbagliato sul rinnovo delle pensioni per il 2020 della fascia superiore ai 1500 euro che ha colpito circa centomila pensionati Inps. L’Istituto ha recitato subito il mea culpa, assicurando che entro febbraio restituirà ai pensionati le cifre detratte per errore e ripristinerà il pagamento degli assegni corretti. In una nota l’istituto di previdenza ha confermato l’anomalia che si è verificata nell’attribuzione della rivalutazione ai sensi della sentenza della Corte costituzionale delle pensioni tra tre e sei volte il trattamento minimo. “Su queste pensioni – si legge in una nota dell’Inps – l’incremento derivante dall’applicazione della sentenza non è stato ricompreso nell’importo lordo della pensione stessa, per cui la cifra di dicembre 2019 è risultata inferiore a quello effettivamente spettante di circa 10 euro lordi mensili. Ne è conseguito che la rivalutazione attribuita per il 2020 è risultata inferiore al dovuto. Si è maturato così un debito che è stato suddiviso tra le mensilità di gennaio e febbraio”.

Osserva ancora Ravagnan: «Da anni i finanziamenti per le attività dei patronati sono bloccati se non ridotti. Crescono le attività da rendere ai cittadini e noi non possiamo investire sugli operatori. Riusciamo ancora ad offrire un servizio di qualità solo per l’alto senso di responsabilità che caratterizza il personale delle nostre strutture. Anche i volontari danno una mano. Però il tema della previdenza, del welfare e dei diritti dovrebbe essere una priorità assoluta nell’agenda del governo, invece si procede con misure spot e a singhiozzo».

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