Da alimenti a farmaci, per la cannabis grandi potenzialità ma troppi vincoli

Si svolgerà domani, 23 gennaio, alle 16, a Palermo alla Real Fonderia alla Cala, un incontro-dibattito sulla cannabis, la pianta da fibra che negli ultimi anni è stata rivalutata sia dal punto di vista agronomico che dal punto di vista commerciale, grazie ai molteplici usi a cui si presta.
Tra questi c’è sicuramente il tessile, che è poi il più tradizionale. Ma alla canapa guarda con attenzione anche il comparto della bio-edilizia. Per non parlare della cosmesi e dell’industria farmaceutica che sono i maggiori clienti di Canapar, una giovane azienda a capitale misto italo-canadese nata di recente in Sicilia e precisamente a Ragusa.
Infine, ma non ultimi per ordine di importanza, gli alimenti. Farina, pasta e olio estratto dai semi di cannabis sativa – quella light cioè con basso tenore di cannabinoidi – per i quali di recente il Ministero della Salute ha emanato il decreto che indica i limiti massimi di Thc. Il provvedimento, è vero, mette gli agricoltori nelle condizioni di operare in un regime di maggior trasparenza e minore incertezza, ma per Cia-Agricoltori Italiani i livelli proposti restano assai restrittivi per i produttori.
L’incontro di domani, promosso dal Movimento 5 Stelle su input del deputato nazionale Aldo Penna, coorganizzato dai deputati regionali Stefania Campo e Luigi Sunseri, è aperto al pubblico e prevede i contributi di Gaetano D’Amico e Alberto Mangano (del comitato “Esistono i diritti”) e Vincenzo Francomano (medico di Medicina generale). Servirà, nelle intenzioni degli organizzatori, a sgombrare il campo dai molti pregiudizi che fanno ritenere la canapa una pianta diabolica anche nella cosiddetta forma “light”.
«Il confronto è necessario – sottolineano Campo, Sunseri e Penna – per fare chiarezza su un tema controverso ma che presenta numerosi punti di forza. La canapa infatti trova applicazione industriale in svariati settori e può essere destinata anche all’uso ricreativo che non va represso ma regolamentato e sottratto al controllo della criminalità organizzata. Su tutto questo discuteremo insieme ad altri competenti e appassionati relatori e cercheremo di fugare ogni inganno e falsità, per costruire un nuovo percorso di legalità».
Sull’uso della cannabis in medicina, invece, la Regione Siciliana ha preso una decisione storica. Un recente decreto dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza, per talune patologie, riconosce, infatti, l’erogazione a carico del Sistema sanitario regionale e la gratuità per i pazienti, dei preparati a base di cannabinoidi.
Nel decreto viene specificato che le patologie per cui è prevista l’erogazione a carico del Servizio sanitario regionale siano quelle per le quali sussistono già concrete evidenze scientifiche. In particolare è stato definito l’uso per i trattamenti del dolore cronico (fra cui ad esempio quello associato a spasticità in pazienti affetti da sclerosi multipla) e più in generale per la riduzione del dolore cronico moderato-severo che non risponde alle terapie farmacologie attualmente disponibili. L’atto promosso dall’assessore Razza, che ovviamente tiene conto del parere dei tecnici, allarga lo spettro anche a nuove possibili evidenze scientifiche che emergeranno in questo ambito.
E a scanso di equivoci il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci a tal proposito ha dichiarato: «Proprio perché siamo contro ogni droga, ogni spacciatore e ogni possibile forma di legalizzazione delle sostanze stupefacenti, non possiamo negare a un siciliano malato di sclerosi, ove lo desiderasse e ritenesse necessario, di provare a lenire le sue sofferenze con i farmaci derivati dalla cannabis terapeutica, facendoci carico delle spese per questa cura. Prima di essere un atto amministrativo, il decreto dell’assessore Razza, è un atto di civiltà».
Ma tra il dire e il fare ci sarà molta differenza. Perché al di là della gratuità, c’è il grosso problema della disponibilità. In Italia, fa notare Coldiretti, la richiesta di prodotti terapeutici a base di cannabis è in costante crescita e viene soddisfatta soprattutto dalle importazioni. L’unico autorizzato a coltivare la cannabis indica dalle cui infiorescenze si ricavano le sostanze psicotrope usate per lenire le sofferenze provocate da alcune malattie croniche è lo Stabilimento Chimico farmaceutico militare di Firenze. Per il 2020 è stato autorizzato a produrre fino a 500 kg di infiorescenze di cannabis a fronte dei 350 kg consentiti nel 2019. Ma anche così non sarà sufficiente.
In Italia, sempre secondo Coldiretti, la coltivazione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti potrebbe garantire un reddito di 1,4 miliardi e almeno 10mila posti di lavoro, dai campi ai flaconi.
Dall’associazione agricola un suggerimento: solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura, la campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Si tratta di ambienti al chiuso dove più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell’autorità preposte per evitare il rischio di abusi.
Siamo di fronte, insomma, a una opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100% capace di unire l’agricoltura all’industria farmaceutica.