Sicilia al top per i vini di qualità e biologici. Prossimo step, la sostenibilità

Oltre il triplo di quello Veneto, due volte quello toscano e quasi il doppio di quello pugliese. Parliamo del vigneto biologico siciliano. La Sicilia non è la prima regione in Italia per superficie vitata ma, con oltre 26 mila ettari in bio, pari al 27 per cento della superficie vitata, si colloca al primo posto in Italia per superficie dedicata alla coltivazione biologica della vite. Il dato emerge dallo studio UniCredit-Nomisma “Competitività e scenari evolutivi per il vino italiano e siciliano secondo l’Agri4Index Nomisma-UniCredit”, presentato nei giorni scorsi a Palermo nella sala Gialla della sede centrale di Unicredit.
«La scelta del biologico fatta dagli agricoltori siciliani, non solo nel caso della vite, ma anche delle altre colture tipiche dell’Isola, sarà difesa in ogni modo», ha tenuto a precisare l’assessore all’agricoltura Toni Scilla intervenuto alla presentazione facendo riferimento al dibattito sorto tra le diverse regioni italiane su come dovranno essere riconosciuti i premi agli agricoltori che hanno scelto o che sceglieranno il bio. Si teme, infatti, che, qualora ridimensionati i premi per il mantenimento del biologico, il primato della Sicilia in questo campo possa venire meno.

Ma tornando al vino, vero focus della ricerca di Nomisma, un dato che stride un po’ riguarda il divario tra superficie investita e prodotto finito. Nell’Isola si trova il 15% degli ettari vitati di tutta Italia, ma quando si parla di vino, la Sicilia rappresenta solo l’8% della produzione nazionale. Sul fronte della qualità i vini della Sicilia si confermano anche per il 2021: l’incidenza dei vini Dop è sostanzialmente in linea con la media nazionale (40% Sicilia; 43 % Italia), l’incidenza dei vini Igp è più alta in Sicilia rispetto al dato nazionale (34% Sicilia; 26% Italia).
L’export regionale ha registrato un forte rimbalzo (+16,8%) rispetto al crollo del 2020 e registra un aumento del 20,7% rispetto al 2016. I principali mercati di riferimento dell’export del vino siciliano sono: gli Stati Uniti (21%); la Germania (12,7%); il Regno Unito (8,7%), il Canada (7%). Rispetto ai dati del 2016 il maggiore incremento si è registrato con il Canada (93,1%), la Corea del Sud (64,3%), la Svezia (52,9%) e gli Stati Uniti (40,3%). Nell’export i rossi Dop Sicilia registrano un incremento del 2% rispetto al 2019 e i bianchi Dop Sicilia hanno avuto un incremento del 32% rispetto al 2019. Pochi i timori sull’influenza che avrà sull’export il conflitto Russia-Ucraina. L’incidenza dei volumi di export di vino siciliano verso quelle regioni non supera il 2,5 per cento, ma per qualche azienda che puntando sul mercato russo aveva raggiunto volumi pari al 15 per cento, si prospettano serie conseguenze.
Riguardo al trend nelle vendite di vini nella Distribuzione Moderna in Italia (Iper e supermercati) – nel 2021 rispetto al dato del 2019 -, i vini fermi siciliani sono cresciuti complessivamente dell’8,7% nei valori e del 2,5% nei volumi; buone le performance per i vini Dop siciliani le cui vendite sono aumentate del 21,5% nei valori e del 15,8% nei volumi.

In occasione dell’incontro aperto da Salvatore Malandrino, responsabile Regione Sicilia Unicredit, è stata presentata l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur, l’annuale anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia che è in programma a Erice dal 27 aprile al 1° maggio. Saranno oltre 50 i giornalisti italiani e stranieri che parteciperanno alla kermesse; a questi si aggiunge la presenza di influencer internazionali, Master of Wine, consulenti appartenenti alle associazioni di esperti di vino. Questi ultimi, guideranno i seminari tecnici in programma. L’evento, che arriva dopo Vinitaly 2022 e si conferma come l’appuntamento più importante per il vino siciliano, si svolgerà ad Erice.
“Il tema scelto per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur è “Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro”, perché vogliamo condividere e sottolineare il messaggio che la Sicilia vitivinicola è pronta alle sfide del domani facendo tesoro delle sue preziose pratiche del passato, molte delle quali si sono mantenute intatte negli anni, compatibilmente con l’innovazione tecnologica” – ha commentato Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia.
«Abbiamo scelto Erice, per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur – ha spiegato de la Gatinais – perchè ha un significato profondo legato al suo profilo e alla sua storia: centro culturale e scientifico di fama internazionale, laboratorio di idee. La città medievale diventa quindi città del futuro, forte sostenitrice di valori in linea con la sostenibilità, come il rispetto dell’ambiente, la scienza, il genius loci, le tradizioni, la continuità con il patrimonio passato e l’idea di un futuro sostenibile, low impact».
“Sicilia en Primeur”, torna dunque al suo appuntamento annuale che non è mai mancato dal 2004 ad oggi, fatta eccezione per lo stop imposto dalla pandemia. «E sarà come sempre il modo migliore per rendere protagonista la produzione vinicola siciliana. Con i suoi 98 mila ettari di superficie vitata, la nostra Isola è per definizione un Continente vitivinicolo, inclusivo di molteplici influenze territoriali e storiche e ciò è reso evidente dall’incredibile varietà offerta dai suoi vini», ha sottolineato Antonio Rallo, Presidente del Consorzio Vini Doc Sicilia.
Poi in sintesi i progressi della Doc Sicilia: «Il 2021 ha segnato un incremento sostanziale dell’imbottigliamento della Doc Sicilia, per un totale di oltre 95 milioni di bottiglie prodotte, predisponendo uno scenario ottimista anche per il futuro, grazie alla qualità dei prodotti della vendemmia 2021 che ci accompagneranno nei mercati nei prossimi anni».
«L’edizione 2022 di Sicilia en Primeur – ha anticipato Giuseppe Bursi, vicepresidente della Fondazione SOStain – sarà ancora più “verde”, con importanti novità su buone pratiche, risultati e obiettivi in tema di sostenibilità». E sulla certificazione SOStain ha ricordato come questa sia l’unica, in tema di sostenibilità, che si differenzia dalle altre perchè più rigorosa: non ammette, infatti, la pratica del diserbo chimico.