Nasce in Italia il registro dei crediti di carbonio forestali
Il registro dei crediti di carbonio diventa finalmente operativo. È servita la firma di due ministri – Francesco Lollobrigida per Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, e Gilberto Pichetto Fratin per Ambiente e Sicurezza energetica – avvenuta lo scorso 17 dicembre per rendere disponibile uno strumento essenziale per dare nuova linfa alla gestione delle aree boschive italiane mettendo insieme le energie dei privati con l’interesse pubblico. «Sono orgoglioso di quello che si potrà fare grazie a questo decreto. I progetti delle aziende che dovranno essere certificati e avere una durata minima di vent’anni, saranno mirati a migliorare lo stato dei boschi», afferma il ministro Lollobrigida. «I nostri boschi – continua – troveranno nuova linfa grazie a una normativa chiara. È un passo avanti per curare l’ambiente con i fatti e non con gli slogan».
Crediti di carbonio: cosa sono e perché interessano l’agricoltura
I “crediti di carbonio” sono certificati che attestano la quantità di anidride carbonica (CO₂) assorbita o evitata grazie a pratiche virtuose sul territorio, rispetto ad una baseline. Nel settore agroforestale, queste pratiche includono ad esempio la gestione sostenibile del suolo, l’agro-forestazione, l’uso di ammendanti come la biochar, o interventi che aumentano lo stoccaggio del carbonio nei suoli e nella biomassa. Con la firma del decreto interministeriale si dà attuazione alla norma nata per permettere alle aziende agricole e forestali di partecipare al mercato volontario dei crediti di carbonio, valorizzando economicamente il loro impegno ambientale.
In Italia ci sono 10 milioni di ettari di boschi e da oggi possono trarre beneficio dalle imprese che vogliono contribuire a contrastare il cambiamento climatico con azioni virtuose da realizzare migliorando il nostro patrimonio verde. Con il decreto firmato nelle corse settimane, dunque, nasce il “Registro nazionale dei crediti di carbonio volontari” che, tenuto dal Crea, attua un’iniziativa legislativa del presidente della commissione Agricoltura del Senato, Luca De Carlo. L’Italia ha così uno strumento in più di contrasto al fenomeno del cosiddetto “greenwashing” e che potrà migliorare sensibilmente la gestione dei boschi.
Le linee guida indicate nel decreto
Nelle linee guida indicate all’interno decreto si stabiliscono i requisiti per ottenere l’iscrizione dei “crediti di carbonio” nel registro, certificati che corrispondono alla capacità di immagazzinare anidride carbonica sulla base di un progetto di cura delle aree boschive controllato e certificato secondo meccanismi trasparenti e affidabili.
Le linee guida prevedono che i crediti di carbonio da iscrivere nel registro siano corrispondenti a:
- una gestione dell’area boschiva che apporti attività aggiuntive rispetto alla mera conservazione prevista dalla normativa in vigore e già oggi obbligatoria;
- un progetto di gestione dell’area boschiva di almeno vent’anni, certificato da un ente terzo accredito (non diversamente da quanto accade per le Dop e le Igp e la produzione biologica).
Il credito generato potrà essere ceduto ai terzi dopo almeno cinque anni dal suo avvio e dopo l’iscrizione nel Registro. In questo modo potrà, quindi, essere generato valore sia per i proprietari e gestori dell’area boschiva, ma anche per le comunità locali e lo Stato. Considerato che il reddito derivante dalla cessione dei crediti di carbonio viene trattato come reddito agrario nei limiti delle attività agricole, siamo di fronte a una misura per migliorare la tutela del territorio e che guarda alle esigenze delle aree interne, che potranno avere nuovi partner per sostenere le politiche di gestione del patrimonio boschivo.
