Marchio QS Sicilia, ecco le norme tecniche. Nel grano proibito l’uso del glifosato

Passo avanti per le produzioni siciliane di qualità: potranno essere riconosciute in futuro grazie alla presenza del logo QS, il marchio “Qualità Sicura” garantito dalla Regione Siciliana. I decreti che rendono operative le regole tecniche da rispettare per potere ottenere il QS con riferimento a tre importanti filiere agroalimentari siciliane, sono stati firmati dal dirigente generale lo scorso 23 gennaio e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 7 febbraio scorso sul supplemento ordinario.
Le filiere per cui al momento può essere autorizzato il marchio QS sono tre: grano duro e suoi derivati, carne bovina e latte crudo vaccino e suoi derivati.

Per dare il via libera al marchio è stato necessario attendere l’ok di Bruxelles a cui i disciplinari con tutte le regole tecniche erano stati trasmessi nel giugno dello scorso anno. Il passaggio in Commissione Ue è stato necessario per rispettare la Direttiva Ue 1535 del 2015 varata a garanzia della massima trasparenza delle iniziative nazionali intese a introdurre regolamenti tecnici.
La novità dell’approvazione delle regole tecniche per il marchio siciliano di qualità arriva in un momento di grande confusione sulla etichettatura di origine di alcuni prodotti. È, infatti, imminente la scadenza dei decreti nazionali che in via sperimentale hanno imposto l’indicazione dell’origine per pasta, riso, latte e derivati e i sughi e preparati a base di pomodoro.
Dal primo aprile entrerà in vigore la nuova etichettatura di origine dell’Ue e solo in alcuni casi scatterà l’obbligo di indicare la provenienza della materia prima in etichetta. In sostanza, con le nuove regole della Ue è obbligatorio indicare l’origine dell’ingrediente primario solo quando c’è il rischio che il consumatore possa confondere la provenienza di un alimento a causa, ad esempio, della presenza di diciture, illustrazioni, simboli o termini sulla confezione che si riferiscono a luoghi geografici. L’esempio della pasta di grano duro è calzante ed emblematica, a tale proposito, è anche la vicenda della maxi-sanzione elevata a Lidl dall’Autorità garante per la concorrenza e il libero mercato.
A breve, dunque, sarà disponibile uno strumento in più per chi vorrà dimostrare una qualità superiore non solo espressione del territorio ma che corrisponda anche alla qualità tecnica richiesta dalle industrie di trasformazione. Entrando nello specifico del grano duro e della pasta di semola, il marchio QS potrà essere utilizzato da mulini e pastifici che devono assicurare la tracciabilità e la rintracciabilità prevista per legge e che siano dotati della certificazione Uni Iso 2005. Il grano dovrà essere prodotto nel rispetto della condizionalità e dell’ambiente: dovranno essere adottate rotazioni quadriennali ed è espressamente vietato l’uso del glifosato.
La granella per la plastificazione a marchio QS deve avere peso ettolitrico superiore a 80 Kg/hl, umidità massima dell’11%, proteine almeno al 13% in convenzionale e al 12% in biologico. Le micotossine non devono andare oltre il livello ammesso negli alimenti per lattanti e bambini piccoli con riferimento a quelle normate (ocratossine, aflatossine e Don, ovvero deossivalenolo). Quelle non ancora normate – e che finora comunque non sono state rinvenute nel prodotto siciliano sottoposto a monitoraggio – non potranno superare la metà dei quantitativi ammessi dalle norme europee.
Il prossimo passo sarà l’individuazione dell’organismo di controllo conforme alla norma Uni Cei En Iso/Iec 17065 che sarà designato dalla Regione Siciliana. Analogamente, il laboratorio dove effettuare le verifiche analitiche dovrà essere accreditato in conformità alla norma Uni Cei En Iso/Iec 17025.
Ma quando potremo vedere stampato sulle confezioni di farina, semola e pasta il marchio QS? «Ancora non siamo nelle condizioni di prevederlo», spiega Pietro Miosi, dirigente dell’Area Brand Sicilia e Marketing territoriale del Dipartimento regionale dell’agricoltura. E prosegue: «L’approvazione e la pubblicazione delle norme tecniche rappresenta il primo passo di un lungo percorso che deve vedere la richiesta delle aziende di produzione primaria e dei trasformatori e l’adozione di un protocollo operativo per l’ente di certificazione. Ente che però deve ancora essere individuato» .
Per il momento, dunque, se dovesse rimanere inalterato il quadro legislativo nazionale, una volta esaurite le scorte dei pastifici con le etichette che riportano l’origine del grano, potrebbe accadere di tutto. A cominciare da un ritorno al passato con etichette senza indicazione del paese (o dell’area) di produzione.
Nel frattempo, molte industrie della pasta hanno fatto tesoro delle scelte operate dai consumatori sempre più accorti ed esigenti. E così hanno messo in moto filiere virtuose e tutte italiane. Idem in Sicilia: marchi locali con canali commerciali ormai molto attivi sia in Italia che all’estero hanno deciso di puntare sul grano prodotto nell’Isola. Diciamolo francamente, era ora.
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