In questo ambito, la Sicilia è davvero da primato. Nell’Isola circa il 38% di superficie dedicata al bio sul totale della viticoltura regionale: su 103 mila ettari di vigneto oltre 37 mila sono condotti in bio . Ma non solo. Altri punti di forza del vigneto bio siciliano sono l’ampia biodiversità e la grande ricchezza varietale che permette di produrre un vino per ciascuna esigenza o per ciascun tipo di palato.
Gaetano Aprile, direttore dell’Istituto regionale Vino e Olio (Irvo), ha descritto un fenomeno che vede la Sicilia staccare la Toscana e le Marche. «Siamo i primi in Italia e non è un caso: l’assessorato e l’Irvo hanno investito molto su questo comparto, partendo da un forte radicamento delle aziende siciliane nel settore, per una scelta strategica ma anche per la particolare vocazione del nostro territorio e del nostro prodotto che si prestano con naturalezza alla dimensione del bio».
Il concetto, nel corso di una degustazione molto apprezzata dai wine lover presenti, è stato ripreso da Gianni Giardina, enologo Irvo, che ha addirittura alzato l’asticella: «Anche i vini siciliani convenzionali hanno dei parametri che rientrano nel regolamento comunitario sul biologico». Il riferimento è all’anidride solforosa: nei vini bio deve essere inferiore a 100 milligrammi al litro nei rossi e a 150 milligrammi nei bianchi. Da qui una proposta “provocatoria”: «l’assessorato regionale all’Agricoltura si faccia promotore del lancio di un dibattito a livello nazionale per abbassare i limiti dei solfiti per la certificazione biologica». Un assist molto gradito a Dario Cartabellotta, direttore generale del dipartimento regionale Agricoltura, fra i primi nella pubblica amministrazione a credere nel biologico quasi un quarto di secolo fa, che ha ricordato l’impegno dell’assessorato a “fare squadra” con le imprese e gli addetti ai lavori, anche nel settore del biologico, con una grande attenzione “a chi fa le cose sul serio, privilegiando qualità e legame con il territorio”. Dall’assessore Sammartino (che all’indomani è stato costretto alle dimissioni a causa di una vicenda giudiziaria personale) anche il via libera a riprendere e rilanciare il premio regionale sul biologico dopo quasi 15 anni di assenza.
Lillo Alaimo Di Loro, presidente di Italia Bio, ne ha approfittato per presentare la rassegna internazionale “Bio Divino” che si svolgerà a partire dal mese giugno per concludersi nella seconda metà di novembre a vendemmia conclusa. Un appuntamento quello di Bio Divino arrivato alla 19a edizione e che ha l’obiettivo di promuovere un comparto che in Italia è cresciuto parecchio negli ultimi anni.«Da sola l’Italia, con i suoi 133mila ettari di vigneti biologici, rappresenta oltre un quarto della superficie vitata condotta in biologico a livello mondiale. Ma è sicuramente la prima in assoluto in termini di ricchezza del panorama varietale coltivato e di biodiversità in vigneto», ha detto il presidente di Italia Bio.
Dino Taschetta che guida la cantina Colomba Bianca, pioniera in Sicilia nel settore (30 anni di esperienza, e oggi 100mila quintali di uva da vino prodotti nel 25% di vigneti bio) e fra le più importanti produttrici a livello europeo, non le manda a dire: «Chi nel nostro Paese non crede nel futuro del vino biologico, vuole mantenersi in una zona di comfort. Alcuni preferiscono indebolire questo asset perché in regioni diverse dalla Sicilia, la produzione bio è più difficile e meno conveniente per motivi microclimatici. Parlare di bio per me è naturale, perché Colomba Bianca con successo ha colto la sfida più di 30 anni fa. In Sicilia beneficiamo di condizioni ottimali, potremmo aspirare ad una produzione biologica molto più ampia, se non totale».