Originalità genetica, dal CoRiBiA un sistema per verificarla
Arancia bionda di Scillato, fagiolo badda di Polizzi e ficodindia della Valle del Torto. Su questi prodotti agricoli autoctoni il CoRiBiA, il Consorzio di Ricerca sul Rischio Biologico in Agricoltura, ha sperimentato un modello analitico fondato su solide basi scientifiche che potrà essere poi replicato su altre colture. Si tratta di best practice scientifiche capaci di salvaguardare le peculiarità agrarie del territorio siciliano, rilevandone le peculiarità organolettiche e salutistiche.
Obiettivo: iscrizione all’Anagrafe nazionale della biodiversità
I tre prodotti messi sotto la lente, ovvero Arancia bionda di Scillato, fagiolo di Polizzi e ficodindia della Valle del Torto, fanno già parte dell’atlante dei Pat, i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (che in totale sono 279), ma, come per molti altri oggetto di produzione nell’isola non è stato finora possibile l’iscrizione al Registro regionale e nell’Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare istituita presso il Masaf. Eppure l’iscrizione a questi elenchi ufficiali è importante in quanto è una condizione necessaria perchè gli “agricoltori custodi” che si dedicano alla loro coltivazione, possano accedere ai contributi comunitari previsti dal Psp 2023-2027. Contributi che sono da considerare un riconoscimento all’impegno di salvaguardare la preziosa biodiversità delle colture agricole siciliane. Ma qual è il motivo di questa lacuna? Semplice: è mancata, finora, la loro caratterizzazione genetica. Cioè non è stata ancora valutata l’identità genetica attraverso l’analisi comparativa del Dna. Solo in presenza di cultivar davvero originali, infatti, si può chiedere l’iscrizione negli appositi registri che tutelano la biodiversità naturale.
Il “Progetto per lo sviluppo dell’agricoltura siciliana e la valorizzazione delle produzioni regionali, mediante l’utilizzo di tecnologie scientifiche che sviluppino modelli compatibili con il mantenimento degli equilibri ambientali e della salute pubblica” sviluppato dal CoRiBiA grazie a un finanziamento regionale, si è proprio occupato di preservare le peculiarità delle tre coltivazioni regionali autoctone (Arancia bionda di Scillato, fagiolo di Polizzi e ficodindia della Valle del Torto) ma è andato anche oltre, occupandosi della valutazione degli loro effetti benefici sulla salute umana.
Metodi e risultati descritti nei luoghi di produzione
I dati acquisiti tramite il progetto sono stati descritti in tre incontri tenutisi uno per ciascuno dei tre comuni legati a tali preziose tipicità e cioè Roccapalumba (a cui si riferisce la foto inserita nell’articolo), Polizzi Generosa e Scillato. Presente al completo l’équipe del consorzio, costituita da: Dario Costanzo della Consulta tecnico-scientifica del Co.Ri.Bi.A e direttore del Gal Isc Madonie, Francesco Sottile Coordinatore scientifico del progetto e docente dell’Università degli Studi di Palermo e le ricercatrici Valentina Gottuso, Domenica Iero, Consuelo Maria La Marra e Futura Tagliarini.
Per tutti e tre i prodotti agricoli tipici del territorio madonita è stata individuata un’alta presenza di antiossidanti. Ma anche un corredo genetico a rischio erosione che può essere salvato se affidati alla sapiente custodia degli agricoltori e a tecniche di coltivazione tradizionali.
Gli studiosi hanno potuto illustrare un metodo analitico, una sorta di best practices, da estendere ad altre colture, che apre ad ulteriori approfondimenti e curiosità. L’obiettivo ultimo è trasformare la biodiversità da patrimonio esclusivamente “culturale” a fattore di reddito per gli agricoltori, nel rispetto dell’ambiente e del territorio.
Biodiversità tutelata ma non da museo
«Conservare la biodiversità di interesse agrario – ha spiegato il coordinatore scientifico del progetto Francesco Sottile – significa sviluppare un approccio sistemico che non può fermarsi solo alla valorizzazione di ecotipi, varietà e razze che contribuiscono all’arricchimento del patrimonio genetico agrario. C’è la necessità di guardare al territorio nel suo insieme, ai modelli produttivi che garantiscano uno sviluppo rurale compatibile con la conservazione delle risorse naturali. La biodiversità studiata non può essere relegata ad assumere un ruolo museale. La conservazione deve dare valore aggiunto agli agricoltori e al modello di produzione secondo i principi dell’agroecologia, unica strada per garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale e per il raggiungimento di obiettivi importanti anche per il contrasto alla crisi climatica. L’iscrizione del nostro patrimonio genetico nei repertori istituiti con la legge regionale ‘Born in Sicily’ e nella anagrafe nazionale istituita con la Legge 194/2015 è il primo passo verso la conservazione della conoscenza ai fini della valorizzazione. Identificare, caratterizzare e registrare sono passi fondamentali per tramandare aspetti culturali fondanti dei nostri territori, ma anche per garantire potenziali di sviluppo territoriale su scala regionale e nazionale».
La biodiversità è un servizio ecosistemico
«La biodiversità – ha osservato Dario Costanzo della Consulta tecnico-scientifica del Consorzio – rappresenta un importante servizio ecosistemico, grazie all’enorme patrimonio di informazioni, di energia e di materia vivente che, se persa, rischia di compromettere la stessa vita umana e i suoi equilibri geopolitici. Per questo motivo, la Regione Siciliana ha varato la L.R. 21 del 29 luglio 2021 in materia di “Agroecologia, di tutela della biodiversità e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura”. La Sicilia, con i suoi 83 Pat (prodotti agroalimentari tradizionali) afferenti alla categoria dei prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati, è una delle regioni italiane che meglio esprime la biodiversità colturale che la caratterizza».
Una biodiversità letteralmente a rischio. Che possiamo perdere per incuria o per disattenzione. Ma anche per assenza di strumenti efficaci di tutela e valorizzazione. «Il germoplasma custodito per secoli da migliaia di agricoltori – ha sottolineato Costanzo – rischia di perdersi irrimediabilmente. A fronte di un enorme patrimonio genetico, nessun prodotto siciliano è, purtroppo, ancora stato iscritto nell’Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, istituita presso il Masaf per tutelare le risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali soggette a rischio di estinzione o di erosione genetica».
Ritardo da colmare al più presto
Il ritardo deve essere recuperato al più presto. Per questo il CoRiBiA metterà a disposizione dell’Amministrazione regionale, della comunità scientifica e delle filiere produttive, un modello di analisi e valorizzazione dei prodotti tipici siciliani con un unico grande obiettivo: contribuire allo sviluppo regionale dell’agricoltura di qualità, scongiurando il rischio di perdita di biodiversità agraria e mettendo a disposizione dei consumatori finali prodotti che possano contribuire a migliorare la salute pubblica, grazie alle importanti sostanze nutraceutiche in essi contenuti.
«Applicando il protocollo sperimentale del progetto – conclude Costanzo – si potrà infatti iscrivere le cultivar testate nel Registro regionale e nell’Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare. Tale iscrizione “abiliterà” gli agricoltori custodi ad attingere al sostegno offerto dal Piano di Sviluppo della Pac».