Brucellosi e tubercolosi, inefficaci al Sud i piani di eradicazione

Brucellosi e tubercolosi, inefficaci al Sud i piani di eradicazione

Dopo diciotto giorni di digiuno il suo corpo ha dato segni di cedimento. Adesso è in ospedale e da lì continua a lanciare appelli alle istituzioni, al governo nazionale e alla società civile perché si faccia qualcosa per scongiurare la morte di un comparto zootecnico che assicura il presidio del territorio e una importante forma di economia resiliente.

Sebastiano Lombardo sull’ambulanza che lo porta in ospedale

Due allevatori fanno lo sciopero della fame

Lo sciopero della fame a oltranza, Sebastiano Lombardo a San Teodoro in provincia di Messina, lo ha proclamato lo scorso 18 ottobre in contemporanea con il collega Pasquale D’Agostino a Casal di Principe in provincia di Caserta. I due allevatori sono le punte avanzate della protesta del cosiddetto “allevamento di territorio” che popola le zone interne del Sud Italia e che rischia di essere annientato dalla confusione e dalla scarsa trasparenza con cui da quarant’anni a questa parte sono stati adottati nel Mezzogiorno d’Italia i provvedimenti finalizzati all’eradicazione della brucellosi e della tubercolosi.

La principale richiesta, un commissario per brucellosi e tubercolosi

Di quello che gli allevatori chiedono ormai da mesi, peró ancora non c’è traccia. Il governo nazionale – chiamati in causa la premier Meloni e il ministro della Salute Orazio Schillaci – non ha ancora proferito parola. Eppure già alcune mesi in molti sapevano che mancava solo la firma al decreto di nomina di un Commissario nazionale che affrontasse (per risolverli) i problemi della brucellosi e della tubercolosi in tutte le Regioni ancora non indenni che, per inciso, sono principalmente in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. Un provvedimento simile è già stato preso con la nomina del Commissario Nazionale per la peste suina che aveva messo a rischio gli allevamenti soprattutto del Nord Italia.

Lo strano caso della Sicilia al top per focolai di brucellosi e tubercolosi

A chi si è recato a San Teodoro o Cesarò per incontrare Sebastiano Lombardo o partecipare a qualche assemblea pubblica, la storia dei fallimentari della sanità veterinaria è diventata più chiara. In trent’anni, nel Mezzogiorno d’Italia, nonostante l’avvio di numerosi piani di eradicazione, le brucellosi e tubercolosi non sono mai state debellate. Strana e sospetta, poi, la distribuzione territoriale delle migliaia di focolai aperti (cioè di stalle e/o allevamenti con capi infetti) negli ultimi vent’anni. I casi rilevati dai servizi veterinari regionali sono concentrati nei territori del Sud. Eppure le norme di polizia veterinaria sono le stesse dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Gli allevatori sostengono che si tratta spesso di casi presunti perché, benché emersi durante controlli in vivo, sono stati poi smentiti nella quasi totalità dai test clinici post mortem.

Negli ultimi vent’anni sono stati aperti in Italia 11.734 focolai di brucellosi e 4.494 di tubercolosi. In entrambi i casi la Sicilia si trova in pole position. Per la brucellosi nell’Isola è stato individuato 61,47% dei casi, contro il 18,34% della Campania, il 9,05% della Calabria e il 5,7% della Puglia. Analoga la distribuzione territoriale per i casi di tubercolosi il 68,1% dei focolai è stato segnalato in Sicilia, il 15,34 in Campania, il 5,5 in Calabria e il 3,88 in Puglia. Nel resto d’Italia poco o nulla, cosicché quasi tutte le stalle risultano indenni.

Ma com’è che da decenni vengono abbattuti capi infetti e non si riesce a debellare le due zoonosi? La vicenda, almeno in Sicilia, ha sempre destato sospetti. Ma lo stesso è avvenuto in provincia di Caserta, dove i giornalisti tv di Report hanno realizzato un lungo reportage. Per qualche allevatore si tratta di inadeguatezza delle norme e delle tecniche diagnostiche; altri pensano a superficialità, altri ancora a malaffare e interessi oscuri.

Sebastiano Lombardo, dopo avere subito numerosi ordini di abbattimento per capi che da vivi risultavano affetti da brucellosi (salvo poi scoprire dalle analisi post mortem che erano sanissimi), denuncia: «In Italia, nonostante un regolamento Ue lo preveda, non sono ammesse le analisi in contraddittorio». Nella vicenda che lo riguarda e lo accomuna ad altri allevatori, secondo lui «il sistema appare poco trasparente».

La politica regionale batte qualche colpo

La protesta dei due allevatori, all’inizio del loro sciopero della fame, non ha creato molto scalpore. A parte qualche sito d’informazione locale e il tam tam sui social, non ha mai raggiunto il cuore del sistema. Ma da qualche giorno in Sicilia comincia ad incassare l’attenzione dei media e dei politici regionali. E questo può aiutare.

Calogero Leanza, deputato regionale del Pd, lo scorso 31 ottobre ha depositato un’interrogazione parlamentare con risposta scritta ed urgente (firmata da tutto il gruppo Pd all’Ars) con cui chiede al governo regionale risposte sul tema delle zoonosi. «La diffusa presenza di brucellosi e tubercolosi – afferma Leanza – costituisce una minaccia significativa per le nostre comunità agricole e il tessuto sociale. Gli allevatori, i custodi millenari del nostro territorio, sono costretti a fronteggiare difficoltà crescenti, con aziende che chiudono, posti di lavoro che vengono persi, e un impatto ambientale devastante che si traduce, tra le altre cose, nella diffusione degli incendi. Pronto a fare la mia parte affinché si trovino soluzioni concrete, per preservare la nostra cultura e il nostro territorio, rilanciando un settore cruciale per l’identità ed il futuro della Sicilia».

Bernardette Grasso, deputato regionale di Forza Italia, da parte sua, ha chiesto ufficialmente all’Assessore alla salute, Giovanna Volo e al Dirigente generale del Dasoe, Salvatore Requirez, l’istituzione di un tavolo tecnico per fornire risposte ai problemi che stanno mettendo in crisi gli allevatori siciliani a causa della brucellosi e della tubercolosi. «Serve una soluzione definitiva, concertata con tutti gli attori istituzionali e i rappresentanti delle associazioni di categoria – sostiene il deputato regionale – per risollevare un comparto che altrimenti resterà in ginocchio».

Nei giorni scorsi a Cesarò gli allevatori di Altragricoltura hanno anche incassato anche l’interesse di Tommaso Calderone, deputato nazionale di Forza Italia e presidente della Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità che su Facebook ha riferito: «Ho proposto alcune soluzioni e mi metterò immediatamente a lavoro. Ne ho parlato anche con i numerosi sindaci presenti anche loro molto sensibili alla delicata problematica».

Pure i 5 Stelle si sono accorti che “i piani di eradicazione della brucellosi e della tubercolosi negli allevamenti bovini non hanno dato i risultati aspettati e la Sicilia e tra le regioni più colpite in Italia. Il settore è sull’orlo del collasso, il governo regionale deve fare qualcosa prima che sia troppo tardi”. Per questo Antonio De Luca, capogruppo del M5S all’Ars ha chiesto un’audizione urgente in commissione Salute dell’Ars alla presenza degli assessori alla Salute e all’Agricoltura e del coordinamento “Salviamo l’allevamento di territorio”. «L’allevamento siciliano – dichiara De Luca – è sempre stato garanzia di redditività per tantissime famiglie e un pilastro della nostra economia, fa male vederlo in questo stato e vedere che per richiamare l’attenzione delle istituzioni ci sono allevatori costretti a fare lo sciopero della fame».

All’appello manca ancora, però, qualche esponente del governo regionale. Ma si sa, la sanità veterinaria è sempre stata la cenerentola dell’Assessorato alla Salute.

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