Nel corso dell’intervista, la Argentati – da dieci anni alla guida del Distretto Agrumi di Sicilia, macrosistema che riunisce l’intera filiera della maggiore regione agrumetata d’Italia – partendo dall’esperienza positiva della Sicilia dove si è riusciti ad aggregare l’intera filiera, ha posto l’accento sull’importanza di valorizzare sui mercati italiani ed esteri le produzioni Dop, Igp e bio degli agrumi italiani, coltura diffusa nel Sud Italia.
«Per lavorare come sistema Italia e diventare competitivi all’estero – ha spiegato la Argentati ai microfoni di Rai Radio 1 – serve programmazione. Dobbiamo conoscere cosa e quanto abbiamo. In Sicilia, ad esempio, il catasto agrumicolo andrebbe rinnovato perché negli ultimi dieci anni si sono verificati numerosi cambiamenti: da un lato è da registrare l’abbandono per mancato reddito o per i danni legati al virus tristeza; dall’altro sono stati realizzati molti reimpianti con nuove varietà grazie alle misure messe in campo per contrastare il parassita. Per questo mi appello al ministro Patuanelli perché presti attenzione all’agrumicoltura, comparto che solo in Sicilia impiega circa 32 mila lavoratori e che, con le sue produzioni Dop, Igp e bio rappresenta una delle eccellenze della biodiversità in Italia la cui tracciabilità di filiera è garanzia di qualità e genuinità per il consumatore e premia l’impegno etico dei produttori i quali, per ottenere il bollino dei consorzi di tutela, devono superare rigorosi sistemi di controllo».